ASSOCIAZIONE
CASA FAMIGLIA
LODOVICO PAVONI

 



Verso un'Italia multietnica

La Casa Famiglia Lodovico Pavoni, in collaborazione con la Cooperativa Sociale Rifornimento in Volo ha attivato da marzo del 2006 lo sportello di ascolto per i minori delle varie etnie e per donne migranti. Il servizio è nato dall’esigenza di offrire un valido sostegno psicologico ai minori e alle madri di bambini e adolescenti che frequentano stabilmente gli spazi della casa famiglia ogni pomeriggio dopo la fine della frequenza scolastica.

Il servizio è attivo per due ore due volte a settimana. In questi mesi si sono rivolte al Servizio molti minori e molte donne, alcuni con frequenza stabile e continuativa tale da permettere un sostanziale lavoro clinico sui nuclei profondi della loro sofferenza.

La Casa Famiglia ospita molti nuclei familiari che versano in gravi difficoltà economiche, sociali e relazionali. I servizi attivati consentono alle donne di poter lasciare i figli con sicurezza ed in modo totalmente gratuito mentre si recano ai loro lavori, spesso faticosamente ottenuti e mantenuti. Le condizioni di questi nuclei familiari impongono una serie di imprescindibili questioni agli operatori sociali che a vario titolo se ne occupano. Nella grande maggioranza dei casi, infatti, i figli di queste donne e questi uomini migranti, sono nati in Italia e si trovano quindi a cavallo tra due mondi. Sono figli di stranieri ma spesso non hanno mai avuto la possibilità di visitare il proprio paese d’origine, d’altro canto non sono riconosciuti dallo stato come cittadini italiani e sono quindi costretti a vivere senza un’identità chiara e definita. Vivono le lacerazioni ed i dolori dei genitori, nostalgicamente straziati dal ricordo dei cari e della terra d’origine ma non riescono neppure a lasciarsela alle spalle ed a vivere come bambini e ragazzi a pieno titolo e diritto italiani.

La complessità psichica di queste condizioni – frequentemente aggravate dalla mancanza di mezzi economici che consentano loro una vita dignitosa – rende estremamente fragili ed esposte alla sofferenza psichica i vari nuclei famigliari. La difficoltà d’inserimento sociale e culturale dei minori. L’impossibilità, a volte, di ottenere un permesso di soggiorno, la difficoltà ad apprendere pienamente la lingua straniera e l’incomprensibilità dei meccanismi burocratici del nostro paese, ci impone di sostenerli da un punto di vista sociale e concreto e da un punto di vista psicologico.

Sostegno concreto

Le donne che si recano con grande puntualità allo sportello vivono sovente in uno stato di grande solitudine, sofferenza e nostalgia. Non si fidano pienamente, pur usufruendone, dei servizi pubblici mentre si sentono al sicuro nello spazio della casa famiglia che più e più volte ha dimostrato loro l’affidabilità, il rispetto e la discrezione dei suoi operatori. Per questo, crediamo, un tale spazio svolge pienamente la sua funzione di sostegno.

Pur nella diversità di origini e situazioni delle molte donne che usufruiscono del Servizio, nella storia pregressa alla migrazione profondamente differente per l’una e per l’altra, una volta giunte in Italia le condizioni psichiche e concrete si sono avvicinate. Tutte sono in Italia da più di dieci anni e tutte non hanno la possibilità di tornare a visitare i propri cari nel paese d’origine. A volte, addirittura, non hanno avuto l’occasione di recarsi al funerale di uno dei genitori morti lontani da loro. I loro figli sono nati e cresciuti in Italia, frequentano le scuole italiane e parlano la lingua meglio di loro.

Il lavoro che stanno portando avanti consiste essenzialmente nel ricostruire i fili della loro storia passata, nel mondare le ferite della lontananza e dell’“esilio forzato”, nel riprendere i motivi del viaggio e dell’allontanamento dalla famiglia d’origine spesso rimosso perché troppo doloroso da affrontare. Inoltre il sostegno di cui hanno immenso bisogno riguarda la loro vita quotidiana, il lavoro precario, i problemi con la casa, la gestione dei figli che crescono e non si sentono “né carne né pesce” (come diranno molte madri).

Data la complessità dei vissuti emotivi dei migranti di seconda generazione, con i quali un paese come l’Italia comincia inevitabilmente a doversi misurare, risulta essenziale sostenere ragazzi e genitori in un percorso comune.

Riscontriamo infatti, di frequente, quanto la non completa assunzione ed accettazione del percorso migratorio, spinga i genitori a posizioni ambivalenti nei confronti della nuova “italianità” dei loro figli. Spesso, la marginalizzazione ed esclusione sociale dei genitori si riflette sull’impossibilità da parte loro a facilitare gli scambi e la creazione di reti affettive tra i figli ed i coetanei italiani. Vergogna, senso di colpa e solitudine creano inevitabilmente condizioni sfavorevoli all’integrazione e ad un positivo vivere nel tessuto sociale.

Per questo riteniamo che il lavoro psicologico profondo, attivato in contesti spontanei di aggregazione e non già in servizi francamente psichiatrici, vada sostenuto per prevenire, oltre che per curare, situazioni esistenziali che – a lungo termine – possono evolvere in quadri psicopatologici conclamati ed invalidanti.